Io

Riflesso

Anna nello specchio
è gli occhi smarriti
di un infinito
in cui cade il mondo
come un tuffo al cuore.

(da "Rosso stillante" 1999)






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Il vestito bianco

Era come vestirsi di bianco. Quel pomeriggio era come il vestito di sangallo dei suoi cinque anni, come i pantaloni di tela e la camicia indiana svolazzante con le scarpe in mano sulla sabbia fresca di maggio o sul pavimento umido della cucina al profumo di pino; era così quel pomeriggio, chiaro e pulito come un lenzuolo steso gonfio di vento e d’avventura, libero e cosciente eppure libero; era la tazza lucida di porcellana con le ultime ciliege di stagione quel pomeriggio, era il piatto nuovo della luna pieno di notte e di sogni a bocconi. Era uno qualsiasi, uno qualsiasi della sua vita e Lili lo guardava dritto in faccia e gli sorrideva senza un motivo; era un pomeriggio che pareva una fotografia, statico, immobile, appannato da un caldo denso come la panna sul caffellatte di colazione. Lili si accorgeva pietrificata sulla sdraio che non c’era nulla, proprio nulla che le piacesse di quella vita, nessuna cosa che valesse per sé la fatica del vivere, il pensiero del domani e dell’ieri, che tanto l’oggi non c’era e se pure non te ne accorgevi che ti volava addosso come un cruise, che era una scala in do maggiore che ti schiacciava cieca su tutti i semitoni. Non c’era nulla che le piacesse e di per sé che valesse la pena; non il verde del libro sull’Irlanda sulle sue gambe, non l’amore fitto fitto per non far rumore, non le monete nuove bicolore dentro il sorriso dei suoi bambini, non un’ora di ridere a telefono con Liz, non il segno azzurro sui suoi quaderni e nemmeno i suoni tondi delle sue parole. Niente valeva da solo lo sforzo del vivere, se non la quieta sensazione di essere, di essere ora là o in un altro posto qualunque, di essere tra il cielo e la terra come un pezzo di mondo, tra il cielo che ti guarda attraverso la trama spessa dei pini come tu guardi lui e la terra che vorrebbe scrollarti di dosso come tu la scrolli ogni giorno dai tuoi sandali neri. Solo questo valeva la pena, il vivere, l’essere, l’esistere di per sé così come esisteva la pietra di granito incastonata nel mezzo del cortile, il gatto addormentato sul davanzale, la pianta del basilico spigata a margine dell’aiuola. Ecco, Lili stava bene e si sentiva così come il basilico appena innaffiato, come il basilico che poi se non vive ma vegeta noi non lo sappiamo, come l’odore di umido e terra dentro quel pomeriggio tutto vestito di bianco.

(dalla cartella di G.Cafarelli "Il vestito bianco" 2006)





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Sola

Sola
sopra i miei passi
sotto i miei pensieri
sono
come la fontana della piazza
nell’autunno che spazia
e mi trabocca
oggi mi basto
e non m’importa
del rovello turchese dell’estate
della luce che cade
del colore che stinge
la mia strada
e si frantuma
con voce di foglia
oggi sono io
l’odore buono delle caldarroste
il tiepido galoppo della pioggia
le bancarelle grevi del mercato
il mio futuro e il passato
oggi diffondo
la mia stagione.

(da "Se il resto tace" 2002)




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Oltre la mia vittoria

Squarcerò
il petto ansante
ai giorni orrendi
io che non sono torre
che non crolla
io che non sono pietra
che non cambia
io che non so la vita
che tributo
chiede alla sorte
di esser nata donna
coi pattini sul ghiaccio
del presente
precario ho l'equilibrio
ma cucio sogni ancora
ai vessilli schierati
oltre la mia vittoria.

(da "Irriverenti geometrie" 1992)


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C'è sempre un cielo

C'è sempre un cielo
impallinato
esangue
sul mio volo
ed astri
astri
splendidi
asterischi
intrusi banditori
d'inesistenti
vuoti di me.
Io non so stare
come si addice al tempo
e alla misura
e meridiani
e paralleli
scambio
nel mio respiro.
Fatemi esistere
se non so campare.

(da "Rosso stillante" 1999)






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Stella di Halley

Tra quattromila anni
ci sarò
stella di Halley
e chissà dove
e non saprò
di aver smarrito gli occhi
questa notte
nel tuo infinito
se tu non sai
che sopra la mia testa
già passata
ripasserai
che senso non avrebbe
il nostro stare
in questa stretta via dell'universo
se dietro la tua scia
finisse il mio stupore
e i miei trent'anni
restassero soltanto una folata
mentre tu eterna giri
e palpiti di luce da lontano
tu che più splendi
tu che più splendi
ma più di me
non ami.

(da "Rosso stillante" 1999)