ACCANTO A ME
di Anna R. G. Rivelli
Credevo che fosse una
mamma. La mamma di un compagno del mio figlio più piccolo. Mamma come me, come
tante. Donna soprattutto, con i suoi desideri, con le sue aspirazioni… con le
sue gioie che erano nella famiglia, ma anche fuori, nel suo lavoro, nelle sue
amicizie… Credevo che avesse una vita normale, fatta di alti e bassi come la
mia, di fatica e di soddisfazioni. La vita di tutti, insomma. Così credevo. E
invece…
Suo marito era
mellifluo quando parlava del rapporto di coppia. All’inizio sembrava
innamoratissimo, un po’ faceva tenerezza, ma era sdolcinato, troppo. Amore qua,
amore là, tesoro su, tesoro giù… aveva queste parole sempre in bocca, ma io non
capivo perché lei avesse sempre lo sguardo di un cane randagio quando lo
guardava, due occhi che esprimevano attesa, ma un’attesa scoraggiata e delusa,
un affanno di vivere forse, di correre dietro alla vita che si perdeva. Non lo
capivo.
Poi un giorno… Era uno
di quei giorni plumbei in cui gli ombrelli all'uscita di scuola fanno fatica a
starci tutti, aperti e sgocciolanti, variopinti nella luce nebbiosa e densa. Lei
sotto l’ombrello aveva gli occhiali scuri ed uno sbuffo violetto che smarginava
dalla lente destra. Non era ombretto però.
Lo compresi allora quello sguardo da cane. Compresi che la sua vita non
era la mia e non era quella di tutte le altre mamme là avanti. A dire il vero
non era neanche vita la sua.
“Come faccio?” mi
disse un giorno lasciando quegli occhi di cane riempirsi di lacrime sulla testa
del figlio. “Dove vado? Come vivo? E
lui? Sarà dalla mia parte? Resterà con me?”
Non lo ha trovato lei il coraggio di riprendersi la sua vita;
non ce l’ha fatta. Ci siamo perse di vista; lei non poteva avere amiche e la
scuola dei figli neanche dura eterna, non c’era più la scusa per uscire. Se mi
viene in mente la immagino in quella sua casa, murata come Raperonzolo, con i
suoi lunghi capelli rossi troppo corti da calare dalla torre perché un principe
la salvi. Qualche volta la incrocio per strada. Il marito la tiene per mano. Sono una coppia normale. Ma
lei ha quello sguardo da cane perduto nel suono infernale delle stesse parole “Amore,
amore… tesoro, tesoro…”