SE CI SONO DUE ALBERI

Presentato a Potenza lo scorso scorso 18 dicembre,
  il libro è acquistabile direttamente presso la casa editrice al link 
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Lu, rinvenuta priva di memoria, in cerca d’identità.
Le rane di Chomsky, fil rouge del romanzo, se già l’aforisma di Wilde posto all’ inizio del libro non fosse sufficientemente evocativo del solco narrativo.
I sentimenti di tenerezza che Lu ispira nel lettore si alternano alla  frenetica curiosità dello stesso di cogliere tracce utili alla soluzione dell’enigma: chi è Lu? E mentre crede, a tratti, di intravedere la soluzione, rimane stravolto ed affascinato. Man mano l’intreccio narrativo si approssima al climax risolutivo e si arricchisce di metafore e di descrizioni palpitanti. La storia è  intrigante e movimentata, fino a scivolare verso un’epifania assolutamente inaspettata. 

Il nome della protagonista è un monosillabo che oscilla dinanzi al lettore come un pendolo ipnotizzante: quante sono le verità di Lu? Una, due, più di una? Quante le vite che ha vissuto? E, soprattutto, in quali “navigli” del Tempo? Di sicuro c’è, però,  che le abbia intensamente vissute, se tanto profonde sono le ferite lasciate  nell’anima,  fino a costringerla  a rimanere reclusa in una stanza d’ospedale, asfittica ed opprimente, preda di medici per i quali la risoluzione del caso è l’unica ratio. 

L’ aria è libertà;  il setting della storia è claustrofobico, fatta salva la scena finale del terrazzo che per l’Autrice è espediente atto ad enfatizzare, nel gioco dei contrasti, lo stato snaturato in cui Lu è costretta a vivere. Calata in una “meccanica ariosità”, in un ambiente incolore e insapore,  Lu ondeggia in una “sfinente primavera”, come l’Ofelia di Millais, rischiando di morirci lentamente, bollita. Dead man walking: si sente così, quando attraversa il budello di corridoio dell’ospedale- con le “pie donne” che la osservano ed il “ridere impudico”  delle sue ciabatte  - unico momento in cui può evadere dalla sua stanza, dove impera una “temperatura costante e adulterata” e dove anche una mela “itterica e rugosa” implora “la propria fine” facendo pendant con i toni malati e sbiaditi del cibo. L’aria condizionata è  un ossimoro, finta come le convenzioni, le regole, l’ipocrisia,  i “forse perché” e l’immobilismo dei “benpensanti”,  o il tutto so io degli “abbonati di Dio”. Finto come il neon che “dentro la stanza fingeva un giorno eterno”.                                                                                                              

Nel lettore, avido e curioso, comincia ad insinuarsi il dubbio, come nel co-protagonista Stefano:  se fossero tutte vere le identità di Lu? È una  voglia (o una cicatrice?) quella sul costato di Guercioli?  E se, per assurdo, ci fosse consentito vivere più volte? Con esistenze inconciliabili e parallele “in spazi e tempi divergenti”, fino ad archiviarne le esperienze più pregnanti? Impossibile! È tutto falso! tuonano i benpensanti, finti come il “bugiardissimo vetro smerigliato” della finestra che separa la stanza dall’esterno, come l’ ignoranza di chi, per scelta o per conformismo, non vuole sapere cosa ci sia davvero dall’altra parte. Un “impassibile vetro” che Stefano (o Angela?) troverà infine il coraggio di infrangere.    
                                                                                                              Grazia Pastore