ARTINOMIE




“Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere”. Ci pare non ci siano parole migliori di queste di Bertolt Brecht per chiarire il senso di questa iniziativa: è infatti  la volontà di mantenere viva l’identità di questa nostra città che ha generato l’idea di salvare le tracce della creatività dei nostri artisti in un museo virtuale ed in una esposizione permanente, con l’intento da un lato di rafforzare il senso di una cultura  identitaria, dall’altro di offrirsi come immagine di una città sfaccettata e plurale.
Un museo, virtuale o reale che sia, è dunque prima di tutto questo - recupero di una identità-  ma non è soltanto questo; esso diventa, infatti, una memoria storica essenziale soprattutto in quei territori che la storia passata è riuscita ad emarginare e la storia presente travolge nel fluire scomposto di una ipercomunicazione. La città di Potenza, essa stessa spesso inconsapevole del patrimonio che le appartiene, trova così il modo di storicizzare quei suoi artisti dei quali oggi restano tracce documentarie assai flebili, ma che per fortuna possono essere ancora testimoniati dal ricordo collettivo; contemporaneamente va a consolidare la presenza di quegli artisti che da decenni hanno operato e continuano ad operare delineando la storia artistica della città; inoltre funge da propulsore nei confronti della nuova generazione alla quale tocca il compito di dare continuità ad un percorso nella consapevolezza che esso ha origini già ben radicate.
Un museo è anche strumento indispensabile di conoscenza; nella sua dimensione virtuale  esso faciliterà il compito a chiunque voglia  approfondire il discorso sulla realtà artistica della nostra città; consentirà di tracciare una storia delle arti figurative sfatando il pregiudizio sulla marginalità del nostro territorio, poiché si evidenzierà come la ricerca dei nostri artisti, senza rinunciare ad una cifra identitaria, sia in forte sintonia con la cultura artistica nazionale ed europea. In sostanza contribuirà ad evidenziare quel rapporto dialettico tra centralità e periferia che – come scrive lo storico dell’arte Enrico Crispolti – troppo spesso, ed in rapporto al contemporaneo più ancora che in rapporto al passato, risulta eccessivamente squilibrato. “…in una progressiva tendenza di fondo –  scrive Crispolti – all’omogeneizzazione ubiquitaria del linguaggio ( in ragione sia di una preminente prospettiva internazionale, sia della celerità nuova dell’informazione), la tentazione è di lavorare soltanto sulla centralità (che è spesso anche appunto ufficialità), ignorando la periferia (che è spesso dunque anche il sommerso, e il luogo genetico di mozioni d’avanguardia). Tanto più che la mentalità storiografica quanto la mentalità critica correnti tendono a privilegiare nettamente la prima, la centralità, perché maggiormente evidente, e dunque di più agevole, appagante e innocuo rapporto”.
Anche per questo non si è voluto selezionare, bensì “censire” le numerose e varie personalità artistiche appartenenti alla città di Potenza ed alla sua area metropolitana offrendole allo studio, al giudizio, alla critica di chiunque voglia occuparsene, ma sottraendole all’oblio ed alla dimenticanza di cui spesso sono fatte oggetto. Il titolo della rassegna allude proprio a questa varietà apparentemente, e solo apparentemente, contraddittoria; Artinomìe è, infatti, parola ricalcata sul termine filosofico antinomìa  che indica un particolare tipo di paradosso in cui coesistono due affermazioni contraddittorie che possono tuttavia entrambe essere dimostrate o giustificate. Ad un’antinomia, insomma, non è applicabile il principio di non contraddizione, così come quello stesso principio non è metro utile per comprendere il plurilinguismo e i multiformi esiti dell’arte contemporanea.
Questo nostro lavoro ci piace considerarlo un “non finito”: non finito come l’arte che per sua natura è viva, palpitante e non può essere imbrigliata e standardizzata in una forma perenne; non finito come un museo che, sul sito istituzionale del Comune di Potenza, potrà essere continuamente integrato e arricchito; non finito come questa esposizione permanente che negli anni potrà variare seguendo e testimoniando l’evoluzione dei nostri artisti.
Ci piace considerarlo anche un dono alla città, una testimonianza di impegno civile e di amore per l’arte e per la propria terra.

                              Anna R. G. Rivelli