Festa delle Donne:
tanti auguri, Uomo! Auguri a te perché è di te che vogliamo parlare in questo
giorno che sempre più scivola via come una celebrazione vana, come un vuoto
riempito a forza da riflessioni, fiori, piccoli regali e parole altisonanti… le
cene tra amiche, il profumo giallo delle mimose. E tu non ci sei in questo
giorno; non ci sei quasi mai. Non ci sei perché credi di doverci oggi una
libertà che non può che sapere di
solitudine se domani non sarà un altro giorno per te, per te che credi di
“concederci” quello che è nostro per diritto sacrosanto, di “concederci” quello
che noi possiamo prendere solo perché lo vogliamo. E tra quello che vogliamo ci
sei anche tu, tu accanto a noi, tu compagno, amico, padre, amante; tu che ancora
hai paura di noi perché così ti hanno
insegnato, tu che dal nostro corpo sbuchi e il nostro corpo temi per una rabbia
bambina che non ti togli di dosso; perché così ti hanno detto, che una donna,
qualsiasi donna, deve essere sempre per te quella madre devota che ti ha
partorito, dimentica di sé, perduta eternamente dietro ai tuoi bisogni e voleri
di bimbo. Se non è così – ti hanno insegnato-
una donna è soltanto una femmina senza valore, una donnaccia che si è
riempita di te per lussuria, che di te si sgrava per egoismo, per liberarsi di
te, per lasciarti da solo. Ti hanno insegnato che sei tu la misura di tutte le
cose e che tutto il resto esiste se rapportato a te, che ha diritto di essere
solo ciò che ti fa stare bene, che il
rimanente non vale nulla. Così ti hanno detto. Per anni, per secoli. Lo hanno
scritto nei libri sacri, te lo hanno narrato i poeti, rappresentato gli
artisti. La donna o è angelo che ti eleva a Dio o è un demonio di tentazione,
se ha potere e forza è nemica, se è creatura debole e sottomessa val bene il tuo
sguardo benevolo, la tua commiserazione travestita da affetto. Ma queste
fantasie in bianco maggiore ve le siete raccontate tra voi, escludendoci spesso
e imprigionando voi stessi in un equivoco duale: da un lato l’attrazione fatale
per Aspasia, dall’altro la convenzione innaturale del femmineo languido e
dolente, rassegnato ad una condizione che tu, Uomo, mai vorresti per te. Tutto
questo ti hanno raccontato e ti hanno messo in trappola, perché il tuo troppo
“io” non ti permette amore, ma solo terrorizzata angoscia di abbandono e,
quindi, dipendenza da noi. Forse ti pare strano, ma è proprio così. Il
carceriere finisce per condividere la prigionia del carcerato; per non perderci
ci mandi via, per non restare solo ci cancelli, per dimostrare di essere il più
forte ci sveli ogni tremore al rimbombo del nostro passo che percorre la vita. Ti
hanno allevato così; così per secoli di Ninfe preda di Dei, di fanciulle eteree
con lo sguardo chino, di streghe e di donne fatali, proiezioni mostruose di
tutte le più antiche paure. Ti hanno allevato così, non ne avresti colpa se
solo non volessi pervicacemente rinunciare a crescere, se non rimanessi
soggiogato all’idea che l’amore debba essere un laccio, se non ti ostinassi a
misurare la tua statura dalla considerazione che noi abbiamo di te. Cresci, Uomo.
Non sarà il nostro sangue a fermarci, né la tua mano armata a farti più grande.
Non è il tuo insulto che potrà avvicinarci, né la nostra gioia che potrà
portarci via da te. Cresci, Uomo. Guardaci. Noi siamo tua madre, tua figlia, la
tua compagna, la tua amante, la tua amica; noi siamo anima e siamo corpo, noi
siamo noi e siamo te. Non siamo l’altra metà del cielo, perché il cielo non si
divide; siamo il cielo tutto intero insieme a te.
Buona festa delle
donne, Uomini!
Anna R.G. Rivelli